Domani sarò a Web in Tourism tra i relatori

Pubblicato: 26 maggio 2009 | Autore: | Tags: , , Commenti: 1 Commento »

Domani, oggi per chi sta leggendo questo articolo, sarò tra i relatori (anche sponsor) del convegno Web in Tourism di Milano. Una gradevole iniziativa, alla 4^ edizione, che ci ha visti sponsor anche 2 anni fa. Solitamente questa iniziativa è organizzata per dare spazio alle aziende che si occupano di “servizi internet per il turismo” (ahhh… quanti ricordi ho su questo pay-off che Netplan ha iniziato ad usare quasi 10 anni fa e che ora accompagna ed accomuna tutte queste aziende dandomi ancora più soddisfazione) per presentare le loro novità. Una bella occasione di visibilità perchè l’evento attrae ca. 400 addetti del settore, molti dei quali albergatori che sono il nostro target storico di riferimento.

Avrei da esporre tante novità dell’azienda che dirigo durante il mio intervento di 20 minuti. Dal raccontare come funziona il Nozio Rank attraverso il quale selezioniamo gli hotel da affiliare al nostro marchio, oppure come funziona l’indice di popolarità con cui ordiniamo i risultati del nostro motore di ricerca degli hotel presente sul portale, piuttosto dei nuovi prodotti per posizionare correttamente i Siti Ufficiali degli hotel sui motori di ricerca e nei social media. Oppure la gestione della reputazione on-line e, ancora, i nuovi moduli del sistema di prenotazioni on-line.

Poi mi sono chiesto: sto realmente sfruttando l’occasione per raccontare le cose importanti della nostra azienda? Sono realmente i nuovi prodotti e servizi le cose più importanti che ho da dire? Per presentarli in modo efficace, saranno sufficienti i 20 minuti a mia disposizione? Non c’è qualcosa che sta “sopra” ai prodotti e che “muove” la nostra azienda nel mercato sin dalla sua nascita? Non è che sia arrivato il momento giusto perchè questo qualcosa inizi ad avere la giusta visibilità, prima che arrivi qualcuno a “soffiarci” anche il DNA?

E qualcosa mi è venuto in mente. Sì, ho qualcosa di diverso da dire.

Poi ho pensato ancora.

Ci saranno le persone giuste ad ascoltare? Il clima dell’evento sarà congeniale a quello che vorrei dire? Farò arrabbiare qualcuno? O, invece, stimolerò tanti altri ad agire per non subire?

A queste domande non sono riuscito a darmi una risposta. Mi sono chiesto, allora, se ero disposto a “rischiare” per condividere con tutti la passione che abbiamo per quello che facciamo, per internet (quale potente mezzo di comunicazione) ed il turismo (quale prospettiva ideale di benessere e di conoscenza tra popoli). Noi amiamo sul serio internet e lo ritieniamo artefice di quella “rivoluzione digitale ed economica” di cui parleranno i prossimi storici quando dovranno riportare nei libri il nostro “momento”. L’abbiamo visto nascere e da subito ci siamo messi a crearci sopra un nuovo mestiere. Era il 1996. Poi l’abbiamo visto cambiare e il nostro mestiere che si adeguava, che cambiava e cambia costantemente. Siamo stati per tante aziende il faro a cui ispirarsi nei momenti di cambiamento. Amiamo altrettanto il turismo, proveniamo da una città che si sostiene al 90% grazie agli enormi flussi turistici, molti di noi hanno studiato le tecniche del turismo all’Università di Venezia e molti altri sono viaggiatori incalliti. Una città che fino a 15 anni fa veniva “intermediata” per oltre il 30% del valore che produceva da aziende estere, prevalentemente inglesi. Come poteva essere possibile che Venezia, destinazione che, nonostante i disservizi, chiunque desidera visitare almeno una volta nella vita, debba reggersi su canali di vendita e distribuzione anglossassoni, statunitensi o giapponesi? Con un simile impatto economico, poi! E’ stato in quel momento che, assieme ad albergatori veramente illuminati abbiamo capito come avremmo potuto sfruttare assieme internet per creare e sviluppare un nuovo modello di business che fosse più sostenibile economicamente. Pensate, oggi nell’area del comune di Venezia abbiamo distribuito il modello della disintermediazione ad oltre 150 hotel.

Abbiamo anche una cultura aziendale, che parte direttamente dalla compagine sociale, che ci ha “impostati” secondo dei principi e dei valori di rispetto per le persone e per le aziende. Siamo fieri di avere dentro di noi questa impostazione, anche se ogni tanto ne sentiamo il peso, soprattutto quando ci dobbiamo relazionare con altre aziende o individui che invece provengono da culture ed insegnamenti diversi. Non è di certo facile.

Alla fine mi sono detto sì, anche se rischiamo esponendoci così fortemente nella nostra “battaglia” quotidiana, non solo racconterò a tutti le ragioni che ci hanno spinto a mettere nero su bianco la nostra Carta dei Valori, ma che avremmo colto anche l’occasione per lanciare il nostro blog di discussione su gli argomenti che trattiamo tutti i giorni con gli albergatori e viaggiatori.

Se poi penso che il nostro modello riesce a portare più redditività agli hotel, a far risparmiare il viaggiatore e a lasciare più risorse ai territori per il loro sviluppo, allora mi sono detto che proprio non potevo stare zitto!


Le istituzioni americane contro i portali d’intermediazione on-line

Pubblicato: 26 maggio 2009 | Autore: | Tags: , , , , , , Commenti: Nessun Commento »

Sono oramai passati 3 anni dal momento in cui i governi locali di alcune città americane hanno iniziato la loro battaglia contro i grandi portali d’intermediazione on-line (OLTA). La causa scatenante che sta alla base di questa loro azione, secondo quanto scrivono i principali quotidiani americani, è il mancato pagamento di una parte delle tasse locali sulle prenotazioni degli hotel che dovrebbe basarsi sull’intero valore della prenotazione e non sul valore ridotto degli alti costi di intermediazione.
Sappiamo che gli Stati Uniti sono uno stato federale (e presto lo sarà anche l’Italia, grazie al federalismo fiscale) con ogni singolo stato della federazione che si sostiene grazie alla tassazione delle attività locali.

Forse non tutti sanno che, quando prenotiamo da un grande portale d’intermediazione una camera d’albergo, nella cifra che sborsiamo sono compresi, senza essere dichiarati, costi d’intermediazione che oscillano dal 20% al 40%. Ancora. Quando acquistiamo il soggiorno, non tutti sanno che non stiamo dando i nostri soldi all’hotel, ovvero all’azienda che poi ci offrirà il servizio, ma li stiamo dando ad un terzo (l’intermediario) che li incassa subito, ci fa la “ricevuta” (su cui poi lo stesso intermediario pagherà le tasse nello stato in cui risiede, che non è lo stesso dell’hotel evidentemente) per poi, con calma, girarli all’hotel decurtati del 20/40% per i costi di intermediazione. Una volta che l’hotel riceve il pagamento dall’intermediario emette una fattura (su cui poi lo stesso hotel pagherà le tasse che andranno a beneficio del territorio) all’intermediario stesso e che è, altrettanto evidentemente, più bassa del valore reale generato dal territorio e dall’hotel, appunto perchè decurtato delle commissioni. L’hotel per il viaggiatore che paga vale 100, porta a casa 70 nonostante il viaggiatore sia disposto a pagare 100; il territorio dovrebbe portare a case tasse su una base imponibile di 100, invece le porta a casa su una base di 70; il grande intermediario porta a casa valore per 100, andando poi a pagare le tasse sul suo margine di 30 ma in un qualsiasi Paese del mondo grazie alle complesse architetture societarie che tutti noi oramai conosciamo.

E’ su questa differenza che si battono queste istituzioni perchè, secondo loro ma credo anche secondo tanti altri, le tasse dovrebbero essergli pagate su tutto il valore generato dal territorio e dall’hotel stesso, ma, dal momento che l’hotel fattura un importo decurtato delle commissioni, pretende che sia il rivenditore-intermediario a pagare la differenza, l’ammanco.

E così parte la battaglia legale dove si davano per perdenti le istituzioni, tanto più negli Stati Uniti dove il peso dello stato è, o forse era, ben inferiore rispetto alle grandi aziende. Ha iniziato una piccola città, poi una piccola contea, ma poi si sono accodate anche le prime grandi città, tra le prime Orlando che è sede di Disneyland. Ricorsi su ricorsi, ma poi arriva la crisi, l’America capisce (si spera) che il business è tale solo se regge nel lungo periodo e per ottenere questo deve essere business sostenibile per tutte le parti in causa. Se una parte in causa cede, perchè non viene tenuta in considerazione anche la sua sostenibilità ma viene solo sfruttata, il giochino crolla.
E così ora ci sono le prime sentenze che danno ragione a queste istituzioni, le corti intimano ai grandi portali d’intermediazione il pagamento di milioni di dollari di tasse non pagate, questi fanno ricorso e così via. La cosa che ha sorpreso di più, e che forse ci dovrebbe far riflettere sul grande potere che il “sistema turismo” sta dando a queste aziende, è che la prima città alla quale la corte ha dato ragione, Columbus in Georgia, è stata immediatamente cancellata dai portali in questione con i responsabili che hanno chiaramente dichiarato che lo faranno con tutte le destinazioni, città o contee o anche interi Paesi, che pretenderanno il pagamento di tasse che secondo loro non sono dovute. Gli è stato chiesto se sono così determinati a farlo anche con destinazioni più grandi come Orlando o tutta la Carolina del Sud (entrambe in contenzioso, secondo i media), ma non hanno ricevuto risposta.

Come reagiremo se lo facessero con Venezia, Roma o Parigi?
Le istituzioni italiane stanno pensando a recuperare risorse utili alle destinazioni artistiche del nostro Paese, anche attraverso queste iniziative?
E gli albergatori italiani si stanno preoccupando affinchè le loro imprese siano principalmente basate su canali di vendita che solo loro possono decidere di “spegnere”, come ad esempio il loro sito ufficiale?

Non si tratta, secondo le istituzioni, di caricare sul viaggiatore altre tasse da pagare, quanto di far pagare le tasse “mancanti” ad operatori che hanno fatto della loro altissima redditività la felicità degli azionisti ma meno quella dei territori, degli hotel e, di conseguenza, dei viaggiatori stessi. Non dimentichiamo che se il territorio e l’hotel faticano a sostenersi, il viaggiatore avrà un’esperienza di viaggio di minore qualità.

Metto a disposizione qualche link, vecchio e nuovo, dove ho recuperato queste informazioni:

Tax suit leads travel sites to drop Georgia city’s hotels (Charleston Regional) – del 26/05/2009
Florida counties battle online companies over bed taxes (The Miami Herald) – del 31/01/2009
Online travel companies sued for multi-million hotel taxes (The Seattle Times) – del 08/09/2008

Non sono di certo un appassionato di problematiche fiscali, per me è arabo e ovviamente anche a noi piacerebbe come a tutte le aziende pagare meno tasse, ma vorrei condividere con voi se ritenete sostenibile per territori ed hotel il modello di business dell’intermediazione che pesa sul settore alberghiero da un minimo del 20% a oltre il 40% di commissioni sul venduto (o mancati guadagni, la cosa non cambia). A questi costi sono da aggiungere, stando a quello che giornalmente condivido con gli albergatori, i costi del personale specializzato che si  è costretti ad assumere perchè all’hotel è stata delegata tutta l’attività di gestione di disponibilità e tariffe, ma anche i costi finanziari per il ritardato incasso da parte dell’hotel dei soldi della prenotazione che vengono incassati qualche mese dopo il check-out dell’ospite, quando l’intermediario li incassa al momento stesso della prenotazione… stavo dimenticando che mi dicono che le camere non sono pre-acquistate e poi rivendute, ma solo opzionate (allotment) e, se non vendute, restituite (release) all’hotel praticamente sotto data, rendendo impossibile la vendita se non con offerte stracciate all’ultimo minuto che portano tutta la destinazione a perdere valore. Un valore che poi è molto difficile far risalire, come tutti noi ben sappiamo.

Da quale parte starà il giusto? Chissà.